Dopo essere scampati alla profezia dei maya bisogna festeggiare...e per festeggiare meglio andare al caldo, lontano dalle nebbie e dall'umidità della pianura padana.
E così dopo una rapido summit sul sito dell'aeroporto di Bologna esce la nostra destinazione: Tenerife.
L'idea è interessante, uno splendido posto per girare in mountain bike e un'ottima occasione
per scoprire il mondo del surf...cercando da dormire infatti troviamo un surf camp
Ika Ika Surf Camp che ci stuzzica
la voglia di provare questa nuova attività.
Rapido giro di mail ed è tutto confermato, volo, dormire, attività.
In una bella giornata di sole, prendiamo l'affollato volo della Ryanair che ci porterà direttamente a Tenerife.
Arriviamo alla sera e sballiamo subito i cartoni delle bici, così sono già pronte. Il nostro alloggio è un appartamentino ben attrezzato praticamente nel centro di Playa de Las Americas, dove si respira e si mangia surf. Nel salotto campeggiano varie tavole da surf di varie forme e dimensioni e ci fanno venir voglia di iniziare subito le lezioni, ma bisogna aspettare il giorno dopo, in cui faremo conoscenza del nostro maestro Julio e faremo scivolare per la prima volta la tavola tra le onde del Medio, la spiaggia dedicata ai principianti.
Dopo il primo contatto col mondo del surf, decidiamo di scoprire anche l'entroterra di Tenerife... d'altronde non abbiamo mica portato le bici per niente! ...perso il primo autobus della mattina, prendiamo quello delle 10:45 che ci porta su al paese di Vilaflor, alle porte del parco naturale del Teide...il programma è di essere giù per le 15, per poi andare alla lezione di surf di oggi.
Facciamo rifornimento di acqua e cominciamo ad avventurarci nelle aride lande del parco, tra sali e scendi ci ricongiungiamo alla traccia mappata a tavolino, il fondo è abbastanza pietroso e sconnesso e le salite che spesso ci si presentano non son sempre agevoli, sembra di essere sul garda, ma in versione arida.
Fatto sta che dopo un'oretta siamo sempre alla stessa quota e non sembra voler iniziare la discesa... una gradita sorpresa dietro una curva ci rallegra per un attimo, prima di arrivare al Barranco dell'Infierno, dove il nome dovrebbe farci presagire quello che incontreremo.
Saliamo ancora un po', finchè non arriaviamo a vedere l'oceano, siamo ancora a 1000 m di quota e il tempo comincia a stringere...seguiamo la traccia che comincia a stringersi in sentieri sempre più stretti ed aspri, pieni di pietre e circondati da cactus incazzati e vegetazione feroce.
Scendere in sella è praticamente impossibile, ci tocca quindi portarci giù la bici a mano ma per molti tratti anche in spalla...la discesa è lunga, speriamo si aggiusti un po'...alle 15 siamo ancora tra i monti, mi sa che oggi perdiamo il surf...alle 16 invece finiamo le scorte d'acqua...poco male se l'acquedotto su cui siamo finiti non fosse secco, invece è tutto arido e l'idea di affettare un cactus per bere non ci sfiora...dopo un'altra ora con la bici a spasso con le ruote bucate dai cactus (portandole in spalla), arriviamo a uno spiazzo che sembra la fine del terribile sentiero in cui ci eravamo ficcati, ma non è finita...
La strada è finalmente ciclabile, ora possiamo sistemare le gomme...tolte le mille spine conficcate nei copertoni cominciamo a sostituire le camere d'aria, ma ne mancano un paio e bisogna rappezzarle... col mastice anche lui alla frutta diventa un impresa farle tenere, proviamo quindi anche col nastro isolante... sono le 18 e il sole sta tramontando, bisogna partire...con 3 km di autonomia nelle gomme ci avviamo verso la civiltà, ne mancano ancora una decina...
Con soste ogni 2-3 km per gonfiare le gomme (anche alle Pale di San Martino avevo finito il giro così...sarà un caso) passando in mezzo alla gente che andava a spasso per le vie del centro già vestita da sera, mentre noi eravamo ancora in assetto da deserto sahariano.
Niente da dire, posti veramente belli e unici, però bisogna stare attenti quando si va in esplorazione in posti che non si conoscono...dopo 10 giorni ho ancora le vesciche sotto i piedi! Decidiamo quindi di parcheggiare le bici in balcone e dedicarci a quello per cui siamo venuti qui: il surf!
Dopo il massacro sui monti, ritorniamo a cavalcare le onde dell'Atlantico sulle nostre tavole seguendo le direttive del maestro Julio, i progressi sono rapidi, più per Mauro che per me, ma la soddisfazione di riuscire anche solo a tirarsi su in piedi per un istante è grande.
La difficoltà più grossa che ho incontrato è stata comunque leggere il mare e le correnti... in un attimo ti trovi malmenato e centrifugato da una serie di onde alte il doppio di te e ti chiedi chi te lo ha fatto fare...poi la serie di onde passa e si riprende il viaggio verso la line-up... questa è forse la parte più faticosa, ma una volta che si arriva in quella zona, in mezzo ai surfisti veri si prova una bella sensazione...sembra quasi di esser dei buoni...quasi, c'è tanto da imparare prima di domare le onde come loro.
Ad ogni modo è bello anche da vedere, poi anche perchè si stava bene in spiaggia a far niente a vedere le acrobazie...credo che sarà necessario ritagliare un posticino in garage di fianco alla bici per un nuovo attrezzo sportivo.
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